Acufeni (Tinnitus)

Terapia medica e chirurgica

CENNI DI TERAPIA MEDICA DEGLI ACUFENI

Le operazioni microchirurgiche per il trattamento degli acufeni verranno descritte nella seconda parte della presentazione

In un primo tempo il sintomo acufene è affrontabile, con varie terapie, tra cui quella farmacologia.Questo vale anche per acufeni a basso livello di ‘fastidio’ e di interferenza con la vita sociale del soggetto.

La maggior parte dei pazienti avvertono il loro acufene solo in determinati momenti della giornata, quando vi è silenzio ambientale, es. all’inizio della giornata dopo il sonno notturno, o in condizioni di stress fisico- psichico. Questi stessi pazienti, qualora il rumore esterno serva di mascheramento, cioè di copertura al rumore interno rappresentato dall’acufene, possono avvalersi di appositi ‘mascheratori’, apparecchi acustici che hanno la funzione di assopire, per effetto di inibizione, il ‘rumore’ interno. Anche il trattamento con ‘mascheratori’ può essere coadiuvato dall’utilizzo dei farmaci, in attesa di seguire lo sviluppo e l’evoluzione del disturbo ed un suo eventuale peggioramento.

I farmaci utilizzati vanno da vasoattivi e vasodilatatori specifici del microcircolo dell’orecchio interno e del nervo acustico, ai polivitaminici e ai farmaci neurotrofici, agli anestetici locali somministrati per via generale o instillati direttamente nella cavità dell’orecchio medio, agli antiepilettici di recente introduzione.

Questa ‘prima’ classe di farmaci viene utilizzata per ‘rifornire’ nel modo migliore la circolazione dell’orecchio interno e del nervo acustico, per la eliminazione dei ‘radicali liberi’ che nelle cellule nervose ( comprese quelle uditive) e nella mielina sono responsabili di malfunzione ed alterata fisiologia ed in genere per il rifornimento di molecole attive nella ricostituzione della permeabilità di membrana e nella conduzione saltatoria della mielina.

Una ‘seconda’ classe di farmaci è costituita da molecole a valenza antidepressiva e da benzodiazepinici, che riconoscono il compito di agire sul versante nervoso del paziente affetto da tale sintomo, il più delle volte anche depresso e facilmente preda di episodi ansiosi, se non di vero e proprio panico ed insonnia e depressione secondaria.

Una ‘terza’ classe di farmaci comprende sostanze capaci di inibire la conducibilità delle fibre nervose da un lato e di inibire l’eccitabilità delle membrane dei neuroni dall’altro , più o meno variamente associati a farmaci psicotropi: ansiolitici,neurolettici ed induttori del sonno.

L’elenco di tali medicine è lunghissimo e vi si accede grado per grado, a seconda dell’entità del sintomo acufene, della sua presunta o provata etiologia, cioè causa primaria e della sua entità.

Tali classi farmacologiche vengono in genere utilizzate singolarmente, mentre talora, invece, si devono interfacciare farmaci di classi diverse, per colpire un bersaglio che riconosce diversi ‘punti’ di attacco possibili.

 

La terza classe di farmaci va riservata, specie nell’ambito dei derivati della lidocaina da assumersi per os e similari (es. farmaci antiaritmici cardiaci con presunto effetto terapeutico sull’acufene) solo quando le classi precedenti siano state sfruttate e provate per un sufficiente lasso di tempo e quindi si ritenga di agire più direttamente a livello di ‘conducibilità ‘ delle fibre nervose.

In questa terza classe di farmaci vi sono appunto gli ‘antiepilettici’, molecole cioè attive per la cura dell’epilessia, ma che, per il loro effetto di ‘sedare’ ed ‘attutire’ l’eccitabilità di membrana dei neuroni, riescono ad esercitare la stessa azione anche sulle cellule nervose uditive.

Nella variabilissima proposta di farmaci per l’acufene, è necessario esercitare una disanima, una scelta specifica del farmaco o, più spesso, una associazione di essi, dettata da quella che si ritiene la causa prima del disturbo, dall’esperienza acquisita nel suo trattamento, dalle condizioni generali del soggetto, dallo scopo principale che ci si prefigge e che varia da un tentativo di eliminare il disturbo a quello soltanto di attutirlo.

Non vengono qui prese in considerazione le terapie alternative ‘psicodinamiche’, per esempio la TRT, messe a punto per il trattamento degli acufeni, in quanto l’Autore non ritiene che esse abbiano un posto significativo ed attendibile nella cura di questo sintomo dal punto di vista curativo primario,cioè che cerca di agire favorevolmente sulla causa del problema. L’intera classe delle terapie comportamentali che si sono sviluppate nel tempo per indurre il paziente a ‘non pensare’ più al proprio acufene ed a minimizzarne l’impatto sulla funzionalità stessa del soggetto, le metodiche di bio-feedback ed altre ancora, sono sintomatiche, non affrontando direttamente la possibile origine causale del problema, cercando di agire su essa.

Nell’ambito della terapia medica dell’acufene sono state proposte varie sostanze officinali, estratti di erbe testati clinicamente e riportati nella letteratura,la cui azione non è da trascurare.

Vi è quindi la possibilità di associare prodotti ufficialmente riconosciuti a livello di commercializzazione farmacologia ed anche prodotti omeopatici. Anche per questi si rende necessaria la valutazione del medico,che saprà indicare l’uno o l’altro farmaco oppure un’associazione di essi, prescrivendoli magari in periodi alterni di somministrazione. Il concetto è che non è opportuno curarsi ‘da soli’ o ‘per sentito dire’.

Risultano utili anche farmaci antiossidanti (farmaci che tamponano i radicali liberi, causa di disfunzione delle cellule neurali) e vari METALLI e VITAMINE.

Dalla valutazione globale dell’acufene,del paziente che ne soffre e della sua storia clinico-anamnestica, potrà scaturire un’ articolata proposta di presidi farmacologici, da assumersi con precisione nel tempo, con costanza, nella fiducia che la maggior parte degli acufeni risente in modo benefico delle sopradette molecole ad azione curativa, più o meno intensa, e che nulla deve essere dato ‘per perso’.

L’asserzione che per gli acufeni non vi è nulla da fare, per cui un paziente che ne è affetto deve convivere con esso, è spesso frutto di ignoranza di chi profferisce certe frasi o meglio ‘anatemi’, dimenticando che i pazienti con acufene vanno sempre incoraggiati e sostenuti, vuoi dal punto di vista medico, vuoi spiegando loro le varie tecnologie, audiologiche o microchirurgiche,per avere ragione del disturbo, anche in modo parziale, ma sopportabile.

 

TERAPIA CHIRURGICA DEGLI ACUFENI

Considerazioni generali sul trattamento chirurgico degli ACUFENI (Tinnitus) ad origine neurale e cocleare 

Interventi principali: 

a) Decompressione microvascolare del nervo acustico per acufene(tinnitus) senza vertigine di accompagnamento 

b) Neurotomia Parcellare Superselettiva del nervo Cocleare sec. A.Gandolfi 

La decompressione microvascolare del nervo acustico per l'acufene 

Nel 1975 P.J.Jannetta scriveva sul Journal of Surgery circa la decompressione neuro-vascolare dell'ottavo nervo (nervo vestibolo- cocleare) al fine di alleviare i sintomi da iperfunzione/ipofunzione del nervo stesso. Tra questi elencava: acufeni(tinnitus), iperacusia, diplacusia, perdita uditiva associata a vertigine. 

Per un certo tempo si sono tenuti in considerazione chirurgica i casi di acufeni accompagnati da vertigine (malattia di Meniere, Disabling Positional Vertigo), come quelli specifici da sottoporre a decompressione vascolare. 

Verso la fine degli anni 90 sono comparsi nella letteratura internazionale articoli scientifici che sostengono l'utilità della decompressione neuro- vascolare del nervo coclearie (uditivo) in corso di acufene invalidante. 

Anche se ancora difficile la valutazione oggettiva dei risultati (ricordiamo che il tinnitus, l'acufene in altre parole, è solitamente un sintomo soggettivo), è un dato certo che i risultati ci sono e che la decompressione vascolare ha un suo posto preciso e definito, nel mare 'magnum' delle terapie proposte per questo sintomo a volte invalidante, tutte senza riscontrabili effetti duraturi nel tempo, quale una efficace terapia dovrebbe avere. 

La procedura chirurgica per la decompressione vascolare è rapida, prevede una limitatissima apertura dell'osso cranico al di dietro dell'orecchio, una rapido decorso post-operatorio di 3-4 giorni, non crea, come da più parti paventato ai pazienti, l'insorgenza di deficit neurologici aggiuntivi. Questo in quanto la decompressione vascolare è un atto di micro-neurochirurgia, quindi effettuato col microscopio operatorio, che rende visibile ogni particolare e consente una 'soft surgery', cioè una chirurgia delicata e mirata, con un campo operatorio esangue, sotto controllo ad ogni passo e in ogni momento. 

Quando il tinnitus non risente in modo drammatico della decompressione vascolare, in termini di una sua scomparsa, esso è per lo più significativamente attenuato (il paziente 'apprezza' il risultato della chirurgia). Solo in rari casi non si ottengono risultati apprezzati in modo positivo dal paziente. Questi sono i casi di 'centralizzazione' dell'acufene che dura da molti anni, in cui si sono creati circuiti 'interni' al sistema nervoso, che autogenerano il sintomo con circuiti riverberanti e che si automantengono. 

Più la terapia chirurgica dell'acufene è precoce, più ha successo. 

Anche il paziente non deve esitare a lungo in terapie mediche che nel giro di settimane o pochi mesi non ottengano un qualche risultato. Si tratta in pratica di un'autocondanna a soffrire per sempre di acufene, con grave danno psicologico, lavorativo e nell'ambiente famigliare. La qualità della vita non deve essere limitata e disturbata irreversibilmente da un sintomo potenzialmente curabile con la microchirurgia. 

La diagnosi pre- operatoria 

Nella maggior parte dei casi la diagnosi etiologica certa rimane oscura, talora è una diagnosi di esclusione. I sintomi audiologici possono manifestare una caduta della soglia uditiva, ma anche un audiogramma normale, una diminuzione della discriminazione vocale (cioè della capacità di capire le parole), alterazioni nella soglia di evocazione del riflesso stapediale, segni di lesione retrococleare ai potenziali evocati uditivi del tronco (lesione, anche minimale, a carico del nervo acustico), asimmetrie nella risposta vestibolare (la risposta dell'organo dell'equilibrio). Spesso alcuni di questi segni possono essere presenti da soli od associati, altre volte però mancano o si rilevano sporadicamente e vi possono essere soltanto segni di lesione della coclea, cioè dell'orecchio interno, non del nervo. 

Ciò è dovuto all'alterazione dell'apporto sanguigno alla coclea stessa da parte della compressione vascolare sul nervo, che limita il normale flusso ematico all'organo uditivo periferico. 

Particolari metodiche di risonanza magnetica nucleare possono invece identificare con precisione anatomica il decorso del nervo ottavo, i vasi che giungono in contatto patologico con esso e porre di per sé la diagnosi di compressione vascolare del nervo acustico. Un solo segno audiologico, anche se non chiaramente indicativo di lesione del nervo, qualora corroborato dall'evidenza della risonanza magnetica, pone l'indicazione all'intervento chirurgico. Alcuni autori hanno addirittura riportato un miglioramento dell'acufene, dopo decompressione vascolare, anche in soggetti già sofferenti di totale perdita dell'udito dal lato dell'acufene (Ko Y, Park CW). L'acufene da compressione vascolare può essere sia di tipo pulsante che di tipo continuo ed elevata tonalità. Autori giapponesi riportano una percentuale di completo successo del 65,5% dopo decompressione vascolare del nervo cocleare per acufene ribelle, arrivando ad oltre il 90% se si ricomprendono i casi con riferito miglioramento e significativa attenuazione del sintomo. 

La tecnica microchirurgica di decompressione vascolare (E.L.I.S.A. - extreme lateral iuxta sigmoid approach sec. A. Gandolfi) 

L'intervento consiste in una craniotomia a minima, cioè una limitata apertura ossea appena dietro l'orecchio, in regione mastoido-occipitale. Viene identificato il seno laterale, in tutto il suo decorso e in gran parte scoperto, sì da consentirne la massima retrazione. La superficie del cervelletto viene subito protetta, SENZA USO DI RETRATTORI. Viene deliquorata la cisterna cerebello- midollare, con effetto di 'aqquattamento' del cervelletto e libero accesso all'aracnoide, membrana sottilissima che avvolge il nervo acustico. L'esplorazione del nervo avviene con strumenti smussi, ponendo attenzione a non ledere le arterie uditive interne, che porterebbero alla scomparsa dell'udito dal lato interessato. La visualizzazione del nervo deve essere spinta sino alla sua emergenza dal tessuto nervoso, per verificare l'esistenza di conflitti in questa zona (root entry zone, cioè REZ), vuoi con arterie che con vene di drenaggio emergenti dal forame di Lusckha. 

Le arterie, tra cui soprattutto la cerebellare antero- inferiore o arteria cerebellare media (o i suoi rami), vengono allontanate, quindi decompresse, dal nervo cocleare con esili falde di Teflon morbido, le vene vengono microcoagulate e sezionate, in modo da liberare la strozzatura da loro imposta sul decorso delle fibre del nervo. La dura viene poi suturata a tenuta, ed i piani superficiali chiusi in punti staccati come di norma. 

La tecnica E.L.I.S.A. consente di vedere il nervo uditivo, di liberarlo da eventuali aderenze dell'aracnoide, dalla compressione di anse vascolari, da quant'altro possa esercitare un effetto compressivo (neural compression). Il mascheramento del tinnitus, la terapia medica, il biofeedback, la retraining therapy, la psicoterapia di supporto del paziente affetto da un sintomo così invalidante potranno difficilmente conseguire l'effetto di una decompressione atraumatica del nervo cocleare per via microchirurgica. 

Senza poi riproporre il concetto che, in caso di acufene associato a vertigine, il metodo microdecompressivo consente di agire anche sul sintomo vertiginoso, decomprimendo il nervo vestibolare, cioè il nervo della vertigine. 

Cosa aspettarsi da un intervento diretto sul nervo acustico? 

I risultati della microdecompressione sono stati prima esplicati in modo riassuntivo. L'efficacia del metodo non è invalidata da risultati inferiori al 100%, cioè dalla scomparsa dell'acufene. Tutti i metodi terapeutici hanno i loro limiti. Questo è però un metodo efficace e diretto, col quale il microchirurgo realmente agisce sulla struttura nervosa sofferente. 

Qualora poi non fosse evidente la situazione di conflitto tra vaso e nervo, si può utilizzare il metodo alternativo della sezione totale del nervo uditivo descritta per la prima volta da Pulec. 

Qualora il paziente presenti ancora una funzione uditiva utilizzabile nel lato da operare, si pone l'indicazione ad un intervento parcellare sul nervo stesso, per cui si seziona solo una parte delle fibre cocleari, in base al pitch dell'acufene. Vi è infatti una disposizione delle fibre topograficamente definita, lungo il decorso del nervo, delle fibre che trasportano selettivamente certe frequenze. In particolare le frequenze acute sono trasportate dalle fibre di largo calibro disposte alla PERIFERIA, le frequenze gravi viaggiano con le fibre disposte al CENTRO del nervo, le frequenze intermedie nelle fibre poste tra le prime e le seconde (Friede). 

La sezione specifica e limitata di un contingente di fibre, quello che trasporta i toni maggiormente rappresentati dallo specifico acufene, costituisce la 

 

Neurotomia Parcellare Superselettiva del Nervo Cocleare secondo A.Gandolfi. 

Essa è applicable anche ad acufeni che si originano nella coclea e che 'viaggiano' lungo il nervo, che siano soggettivamente assai fastidiosi o addirittura invalidanti, o comunque SEMPRE quando non sussiste l'evidenza (alla Risonanza o intraoperatoriamente) di conflitto neurovascolare e l'acufene sia insorto da mesi o, al massimo, da pochi anni. 

 

Aggiornamento continuo sugli Acufeni

Considerazioni d’Autunno 2005 per i pazienti affetti da acufene (tinnitus) e/o vertigine invalidante

L’acufene (tinnitus) ‘invalidante’ associato o meno a Vertigine

Il Conflitto Neuro - Vascolare a carico del nervo acustico-vestibolare, come causa di sintomi invalidanti.

Valore curativo della decompressione microvascolare.

La microneurochirurgia ‘mirata’

E’ noto dai lavori di P.J.Jannetta che una compressione neuro-vascolare del nervo acustico-vestibolare produce sintomi da disfunzione (per lo più iperattiva) dello stesso nervo.

L’ottavo nervo cranico, nervo dell’ udito e dell’equilibrio, và quindi soggetto a sintomi di alterata fisiologia, così come accade per il nervo trigemino,facciale e glossofaringeo, quando si trovi in abnorme contatto con un vaso sanguigno.

Tale iperattività può essere seguita da progressiva perdita di funzione (sintomi di ipoattività).

Sintomi da iperattività del nervo cocleare (uditivo) possono includere: l’acufene (tinnitus), iperacusia ( talora associata a fonofobia, cioè percezione uditiva dolorosa; l’iperattività del nervo vestibolare si manifesta,in genere, come vertigine o continua instabilità/disequilibrio (così detta ‘disabling positional vertigo (DPV), sec. Jannetta e Moller).

Sintomi da ipoattività sono la perdita progressiva neurale della funzione uditiva e della funzione dell’equilibrio.

Tali sintomi possono anche variare nel tempo e nella loro intensità.

I sintomi possono essere tra loro associati o manifestarsi singolarmente. I trattamenti chirurgici del passato consistevano essenzialmente in chirurgia distruttiva dei nervi interessati.

La disfunzione cocleare iperattiva o ipoattiva può quindi manifestarsi in modo puro ed isolato,così come la disfunzione dell’equilibrio (vertigine) da interessamento del nervo vestibolare, oppure si può assistere ad una combinazione di sintomi cocleari e vestibolari.

L’anormalità anatomo-patologica alla base di detti disturbi può risiedere in una compressione neuro-vascolare, con relativa ipereccitabilità di parte del nervo, che si trasmette ai centri superiori facendo percepire, ad esempio, l’acufene e/o la vertigine, o entrambi.

Il punto/area della compressione del vaso sul nervo (detta cross compression) è normalmente all’emergenza del nervo dal tronco encefalico, ma può anche risiedere più lontano (compressione distale),vicino al meato acustico interno, dove i nervi escono dal contenuto cranico.

La disfunzione cocleare iperattiva si manifesta solitamente come tinnitus (acufene).La perdita uditiva dovuta a lesione del nervo è invece un sintomo di carattere ipoattivo.

Queste considerazioni,dettate dall’esperienza microchirurgica, di P.J.Jannetta furono da Lui pubblicate su ‘Surgical Forum’ nel 1975 e costituiscono la prima evidente testimonianza di divulgare la possibile occorrenza di un conflitto neuro-vascolare a carico del nervo acustico- vestibolare come ‘generatori’ di sintomi da alterata funzione neurale, quali il tinnitus (acufene) e la vertigine, a seconda che sia coinvolto maggiormente il nervo cocleare o il nervo vestibolare.

L’evoluzione storico-temporale del problema acufene/ vertigine invalidante

Dalle pubblicazioni di Jannetta relative al tinnitus ed alla vertigine invalidante da compressione neuro-vascolare non molta esperienza in più è stata fatta, legandosi tale fatto alla naturale propensione dei pazienti ad evitare un intervento ed al fatto che molti medici e studiosi non hanno recepito o voluto recepire tali ipotesi diagnostiche ed osservazioni operatorie.

Ciò ha per contro portato migliaia di pazienti a soffrire per il loro acufene o vertigine invalidante, per decenni della loro vita, con la brillante diagnosi che ‘il disturbo lo devi tenere..’ o ‘non c’è nulla da fare’.

Altri hanno tentato svariatissime terapie mediche, ufficiali e non, proposte solo per fornire una parvenza di terapia.

La disponibilità di raffinati mezzi di diagnosi audiologica nel caso dell’acufene (tinnitus) ad insorgenza nel nervo cocleare, lo studio ad alta definizione in Risonanza magnetica nucleare con ricostruzioni tridimensionale e soprattutto l’uso di particolari filtri nella valutazione dei potenziali evocati acustici precoci, possono invece offrire al chirurgo una percentuale variabile tra il 7 e l’8% degli acufeni, avente come fattore causale la compressione vascolare del nervo.

La letteratura moderna è favorevole a questa microchirurgia dell’acufene (Lesinski et al 1979; Wiet RJ et al1989, Ko e Park, 1997; Brookes, 1996 Ryu et al, 1999; Okamura et al, 2000 ; H.D.Jho, 2003; De Ridder et al 2004; De Ridder et al, 2005; etc…).Vengono riportati risultati definitivi di scomparsa del tinnitus nel 45% dei casi; nel 94% dei casi sono ricompresi i precedenti ed i casi di ottimo e stabile miglioramento, riferito dal paziente ad un ‘long term’ follow- up.

La decompressione microvascolare, oggi sicura ed affidabile in termini di esecuzione, alla fin dei conti, offre al paziente una concreta chance in più di vivere meglio gli anni della propria esistenza.

E’ sbagliato accanirsi con denigrazione contro chi cerca comunque di avanzare nella diagnosi e terapia dell’acufene da compressione neuro-vascolare (ad es. nella microchirurgia del nervo e non è vero che, in casi selezionati, vi siano controindicazioni tali da far preferire le terapie mediche, spesso pseudo-terapie, che a nulla conducono).

Quale tipo di microchirurgia per le sindromi da compressione vascolare del nervo cocleare (acufene) o dell’equilibrio (vertigine) ?

Le vie di accesso chirurgico al nervo cocleare e/o vestibolare sono minimali, condotte subito dietro l’orecchio. La decompressione può attuarsi con svariate metodologie e l’esperienza del microneurochirurgo può portare a risultati brillanti, come documentato nella recente letteratura sul tema.

L’importante è non aspettare troppo tempo, per evitare che l’acufene si centralizzi e la vertigine si cronicizzi, diventando quindi sintomi radicati nelle cellule centrali, senza più possibilità d’essere rimossi od attenuati.

Se vi sono indici di lesione/compressione del nervo cocleare / vestibolare, se la risonanza magnetica ad alta definizione del nervo e dei vasi che lo circondano suggeriscono una compressione microvascolare, è indicato agire con la microchirurgia, mediante intervento diretto sul nervo, per ottimizzare il risultato sull’attenuazione/scomparsa del sintomo.

La storia clinica del paziente con sintomi da iperattività del nervo cocleare (acufene) o del nervo vestibolare (vertigine).

Tali sintomi possono essere devastanti, ma purtroppo certe convinzioni (‘non c’è nulla da fare’…. ‘Devi tenerti il disturbo’….) sono frutto dell’ignoranza dell’informatore, che non dovrebbe mai spaventare il paziente, anzi incoraggiarlo. Gli informatori sbagliati non sono per lo più microchirurghi, non conoscono a fondo i problemi, né le tecniche chirurgiche e non forniscono le corrette spiegazioni e indicazioni alla microchirurgia.

Ma cosa fa il paziente con acufene / vertigine invalidante, specie se unilaterale, per cercare aiuto reale e fattivo?

Spesso si abbandona alla terapia medica, una specie di’ immersione’ farmacologia: la terapia medica è utile agli inizi e và continuata solo (casi rari) in cui funziona. La terapia medica, inoltre, ha riconosciuto solo negli ultimi tempi avanzamenti di cui molti terapeuti sono all’oscuro. La terapia farmacologica dovrebbe essere suggerita dopo attenta valutazione audiologica e di Risonanza magnetica, da un oto-neurologo o da un neurologo/neurochirurgo esperto della chirurgia dei nervi cranici.

La psicologia di contrasto e di ‘amore – odio’ tra paziente e farmaci,

il ‘one up’ e ‘one down’, l’alternanza cioè di fiducia e sfiducia nella farmacopea, portano talora i pazienti a scontrasi col medico e ad essere ostacolati nella scelta della via più consona al loro caso, cioè la microchirurgia mirata alla soluzione del problema!

Intanto il tempo passa e le sofferenze aumentano.

Le favole raccontate ai pazienti per convincerli a certe terapie che non affrontano il problema; la fatale diagnosi medica : ‘se lei ha un acufene lo deve tenere’, le diete e la somministrazione di liquidi e di cibi particolari suggerite dai più svariati personaggi, come se agissero nella genesi del disturbo e soprattutto potessero guarirlo, l’opera dei ‘venditori’ di facili diagnosi e terapie, provocano il blocco dell’avanzamento scientifico nella diagnosi e cura efficace dell’acufene.

Cosa fare quindi se non si ottiene alcun risultato? Una proposta,

più difficile, ma più gratificante è: la microchirurgia ‘mirata’ sul nervo interessato. Naturalmente una volta accertato che il problema può avere il suo ‘primum movens’ proprio nel conflitto vaso- nervo il conflitto vascolare come causativa del sintomo.

La rapidità dell’esecuzione dell’intervento e l’incidenza, ora ridotta praticamente a zero, delle complicanze maggiori, l’affinamento della praxis dell’intervento microchirurgico, i risultati ed il follow up dei pazienti, sono ciascuno un elemento a favore della microchirurgia del nervo, almeno nella percentuale del 7-8 % dei ‘tinnitus sufferers’ e della maggior parte dei sofferenti di vertigine invalidante, una volta chiamata di Meniere ed attribuita (erroneamente) a patologia dell’orecchio.

L’acufene (tinnitus) invalidante. Cause prime e fisiopatologia.

Nei casi di forme severe di acufene, questi si genera nel sistema nervoso centrale, inclusa la porzione centrale del nervo acustico (Moller A., ‘Pathophysiology of tinnitus’, Otolaryngologic Clinics of North America, 36,249-266, 2003). L’irritazione del nervo uditivo provocata da uno stretto contatto vascolare può generare una attività neurale abnorme nei centri,che può anche provocare cambiamento nella funzione delle strutture centrali stesse per loro modificazione plastica, dovuta cioè alla loro ‘plasticità’(Moller, idem).

Il danno strutturale del nervo, di per sé, può non provocare tinnitus, ma indurre la genesi di tale sintomo in strutture più centrali. Vi può essere quindi un nuovo input dal nervo verso queste strutture (nuclei cocleari, specie quello dorsale,nuclei del lemnisco laterale, collicolo inferiore, sino alla corteccia), ma vi può essere anche un input ridotto a partenza dal nervo, come si verifica nei casi di esacerbazione dell’acufene dopo rimozione di neurinoma del nervo uditivo.

Numerose valutazioni obiettive portano alla conclusione che la compressione vascolare (o l’occorrenza di neurinoma) provocano irritazione neurale nel sito di contatto col vaso o nel tratto di insorgenza del tumore, e che tale irritazione determina abnorme attività neurale nei centri attraverso un fenomeno di ‘Kindling’, cioè di prolungato invio di informazioni ‘errate’, una specie di ‘facilitazione’ sempre alle strutture più centrali, con modificazione della loro plasticità e dei contatti sinaptici. Anche le strutture centrali, con una modificata attività neurale intrinseca, sono quindi responsabili della genesi del tinnitus, pur stante, come elemento sine qua non, la presenza di una irritazione periferica a livello del nervo.

L’intervento di microdecompressione del nervo uditivo fornisce i migliori risultati nei casi unilaterali, invalidanti gravemente la vita del soggetto, specie nella donna e se il disturbo non dura da più di 4-5 anni. L’acufene del nervo riconosce quindi una causa che agisce sul nervo stesso, anche se l’acufene in sé si genera in strutture più alte della via acustica, come risultato della irritazione del nervo cocleare. Il conflitto vaso-nervo può anche determinare una iniziale perdita uditiva, con decremento dell’input sonoro, anch’esso in causa nella genesi di un acufene più centrale, da deprivazione sonora.

E’ l’alterata attività neurale del nervo che genera l’acufene nei nuclei della via acustica es. n. cocleare dorsale, nuclei del lemnisco laterale e collicolo inferiore, sino alla corteccia.

Considerazioni conclusive, diagnostiche e terapeutiche

In questa breve survey dell’acufene del nervo, non và dimenticata l’importanza di obiettivare, cioè rendere prova oggettiva ed incontrovertibile, soprattutto coi potenziali evocati acustici precoci, della reale esistenza di un movente causale patologico a livello del nervo. I potenziali, quando assettati con particolari cadenze di stimolazione e filtrati adeguatamente, mostrano in genere o un lieve aumento dell’intervallo tra la 1a e la 3a onda ( componenti precoci) oppure una alterazione morfologica e/o dell’elettrogenesi della 2a onda, tipicamente l’onda del nervo acustico nella sua porzione cisternale, prossima al tronco. Questo rilievo soltanto, se accompagnato da una evidenza di risonanza ad alta definizione centrata e mirata allo studio del nervo, pur stante una soglia tonale priva di importanti cadute frequenziali, costituiscono di per sé indicazione all’intervento di decompressione microvascolare del nervo acustico.

La decompressione microchirurgica del nervo cocleare per l’acufene e del nervo vestibolare per la vertigine sono oggi, nelle mani esperte dei chirurghi dei nervi cranici, interventi facilmente eseguiti ed eseguibili, gravati da morbidità progressivamente tendente allo 0% e che almeno offrono una concreta,solida speranza al paziente invalidato da questi sintomi di condurre una esistenza degna.