L'emispasmo facciale

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L’EMISPASMO FACCIALE (o spasmo emifacciale)

 

Considerazioni sul trattamento chirurgico dell'emispasmo facciale tipico ed atipico mediante 'decompressione microvascolare semplice sec. A.Gandolfi'.

 

L'emispasmo facciale (o spasmo emifacciale) costituisce un sintomo disfigurante, fortemente limitativo della libera condotta di chi ne è affetto, sia dal punto di vista sociale in senso lato, lavorativo, famigliare e soprattutto psicologico.

Questo sintomo porta infatti a grave handicap emotivo,a depressione talora di difficile trattamento, a comportamenti di 'evitamento', che possono condizionare l'intera esistenza del paziente.

Segni e sintomi. Come riconoscere l'emispasmo facciale?

Determinante è la storia clinica. Il paziente riferisce,in genere, dell'insorgenza progressiva di contrazioni abnormi, fastidiose, più o meno evidenti, ma via via più insistenti a carico del muscolo orbicolare dell'occhio. Il fenomeno costringe la persona affetta a chiudere forzatamente l'occhio, attivando tutto il muscolo orbicolare. 

Le contrazioni si instaurano e si dissolvono rapidamente e sono di carattere tonico-clonico.Col passare del tempo queste possono diventare spasmi tonici, cioè smorfie persistenti per parecchi secondi a carico dei gruppi muscolari colpiti,che sembrerebbero non doversi più risolvere.L'attività di spasmo si diffonde progressivamente ad interessare i muscoli 'inferiori' della faccia, in particolare l'orbicolare delle labbra ed anche il platisma sulla superficie del collo. Quando lo spasmo ha raggiunto tali livelli di estensione, l'intera metà del volto del paziente è contorta in una smorfia disfigurante, aggravata dai tratti emotivi che accompagnano tale fenomeno nella mente e nell'animo di chi ne risulta affetto.Il fenomeno è definito come spasmo 'tipico', perché ha origine dalla porzione superiore del viso e si diffonde progressivamente verso il basso interessando i territori muscolari prima indenni. I casi che presentano una fenomenologia di spasmo facciale ad origine dalla porzione inferiore del viso (in genere orbicolare delle labbra) per poi diffondersi all'occhio ed alla fronte, vengono definiti come spasmo 'atipico': questi casi sono assai più rari rispetto la forma 'tipica'.

E' essenziale ricordare che l'emotività del soggetto e' fondamentale nello scatenare il fenomeno,nel sostenerlo,nel renderlo addirittura invalidante. L'emotività è il maggiore 'trigger', cioè 'grilletto o causa scatenante' nel provocare e peggiorare tale invalidante infermità.

Tutto ciò ha una sua spiegazione,che daremo più avanti.

Ma perchè vi è una forma di spasmo tipico ed una atipica?

Quando il nervo facciale esce dal solco ponto-bulbare, per un tratto di circa 3 millimetri, è ancora ricoperto da mielina centrale, oligodendrogliale.Vale a dire che ciascuna fibra del nervo risulta avvolta da veli di mielina ad origine dall'oligodendrocita.La mielina centrale è assai delicata, sia come metabolismo che come 'resistenza agli insulti',non ha la stessa tempra della mielina periferica, quella formata dalle cellule di Schwann(detta anche mielina periferica).Le fibre nervose che escono dal solco ponto- bulbare in posizione più caudale(cioè più bassa)rispetto al restante nervo sono quelle destinate alla porzione SUPERIORE del volto,viceversa quelle fibre che escono 'cranialmente', cioè più in alto rispetto a quest'ultime innervano la porzione INFERIORE del viso.Quando un vaso entra in conflitto, cioè deforma,comprime, esercita comunque un effetto patogeno sulle fibre più caudali ( più basse) si avrà lo spasmo tipico, viceversa se il vaso è disposto in modo tale da impegnare le fibre più craniali del nervo alla sua emergenza si avrà lo spasmo atipico.

Perché un vaso può trovarsi in posizione conflittuale (conflitto neurovascolare) con la REZ del nervo facciale, cioè con la sua radice emergente dal tronco encefalico?

Vari sono i motivi: uno è rappresentato da una disposizione congenitamente anomala di un'ansa arteriosa, che di fatto trovasi in stretto contatto col nervo; quest'ansa si allunga col tempo e, col passare degli anni, diventa più tortuosa e rigida. Nel contempo la 'discesa' naturale,anche se di pochi millimetri, del contenuto della fossa cranica posteriore verso il forame occipitale,frutto dell'atrofia parenchimale che si accompagna all'età, altera i rapporti tra vaso e nervo,magari rendendoli ancora più stretti, piu' 'intimi' e determinando lesioni anatomo-patologiche indotte dalle pulsazioni dell'arteria a carico della superficie e poi dello spessore del nervo, proprio alla REZ, la zona più delicata. Il nervo, a questo livello, puo'essere compresso ed assottigliato dall'effetto pulsante e traumatico del vaso, puo' essere incurvato(bending) dalla presenza dell'ansa a suo perenne contatto,puo' essere stirato(stretching of nerve), demielinizzato dalle continue pulsazioni, che creano le 'sinapsi efaptiche'.

In pratica deve esserci un contatto abnorme tra vaso e nervo, con alterazione anatomo- patologica a livello della REZ del nervo facciale.

Le sinapsi efaptiche, poi, non sono altro che fibre nervose a diretto contatto l'una dell'altra, creandosi tra loro un corto circuito degli impulsi nervosi, in quanto non più protette dalla guaina isolante della mielina.

Tutto ciò è stato provato da osservazioni intraoperatorie,da valutazioni istopatogiche in microscopia ottica ed elettronica, da innumerevoli valutazioni e misure di elettrofisiologia intratraoperatoria. Queste hanno confermato che dal luogo specifico del contatto neurovascolare gli stimoli nervosi viaggiano sia verso la periferia che verso il nucleo centrale del nervo facciale,causando nel primo caso il lateral spreading, cioe' la diffusione delle contrazioni a contingenti di fibre periferiche e quindi a gruppi muscolari plurimi e non più selettivamente evocati da uno stimolo ad essi specifico; nel secondo caso ad un 'bombardamento'dei neuroni centrali che andranno a riorganizzare la loro funzione e architettura sinaptica, proprio in vista di questi stimoli retrogradi. E' come se il nucleo del nervo facciale diventasse preda di fenomeni epilettici, cioè indotti, di un fenomeno di Kindling, di una facilitazione ed abbassamento della soglia, causato dai predetti stimoli retrogradi. Questo spigherebbe la ragione per cui l'emotività e l'attivazione della sostanza reticolare del tronco encefalico costituiscono elementi facilitanti sull'attività di spasmo.

Dapprima l'instaurarsi di sinapsi efaptiche a livello della REZ del nervo, poi, per causa di queste, la diffusione anterograda e retrograda dello stimolo nervoso, nonché l'insorgenza di attività spontanea nelle fibre stesse, legata alla presenza di corto circuiti nelle singole sinapsi; il successivo condizionamento facilitatorio del nucleo centrale del nervo facciale nella sostanza del tronco encefalico, tutto ciò conduce all'insorgenza di attività di spasmo, secondo le modalità e con l'estrema sudditanza alle emozioni prima descritte in dettaglio.

Ma il primum movens della sequenza fisipatologica ed anatomo- patologica descritta e' un vaso, un vaso che pulsa costantemente sulla superficie del nervo, alterandone struttura e funzione, un vaso in situazione conflittuale col nervo stesso, causa cioè di conflitto neurovascolare.

Questa è praticamente la sola causa etiologica di emispasmo facciale (tipico o atipico) che si conosca: essa è stata dimostrata col microscopio operatorio e la sua totale risoluzione si ottiene solo con un intervento di decompressione microvascolare, che agisce sulla causa prima, allontanando il vaso dal nervo in modo stabile, rimuovendo l'etiologia del sintomo stesso, cioè la situazione di conflitto. La chirurgia decompressiva, in termini di microchirurgia del conflitto, porta alla risoluzione del problema:

qualsiasi altra modalità di trattamento risultando di significato e valore,nonché durata limitata, oggi obsoleta.

 

Per la terapia dello spasmo si utilizza sempre la via E.L.I.S.A.

 

Nuances nella chirurgia dello spasmo facciale.

La via E.L.I.S.A. utilizzata per il trattamento dell'emispasmo facciale e' iuxta sigmoidea, centrata nel punto in cui il seno laterale si accinge a generare il bulbo giugulare. L'asse del microscopio e' diretto al di sopra dei nervi misti, in modo obliquo,inferiormente al nervo cocleare; segue la direzione mediale, al di sotto del complesso acustico vestibolare,così da consentire la minima trazione verso l'alto del nervo cocleare stesso od evitarla del tutto; la direzione dell'asse visivo punta direttamente sul solco ponto-bulbare,ove si evidenzia la REZ del nervo facciale e la situazione di conflitto. Il triangolo tra radice del glossofaringeo e decorso del nervo cocleare ha la base in alto: lo chiameremo il 'triangolo d'accesso' (access triangle to facial nerve REZ) al solco ponto bulbare e REZ del facciale sec. Gandolfi. La via è anche molto bassa, interessa il plate occipitale, sino al margine posteriore del foro lacero. Inferiormente all'access triangle vi può essere l'ingombro del plesso coroideo, medialmente all'emergenza del nervo glossofaringeo.Il plesso può ostacolare la piena apertura del 'triangolo' e per questo può essere microcoagulato in toto, creando in tal modo lo spazio necessario per la visualizzazione della REZ e del conflitto. La lateralità dell'apertura ossea è assai prossima alla cisterna cerebello midollare,facilitando al massimo l'apertura dell'arcnoide e la deliquorazione dell'angolo ponto-cerebellare inferiore. Si tratta di una via E.L.I.S.A. costruita 'bassa', mediale alla punta della mastoide, a livello del solco digastrico. L'apertura ossea è situata tra quest'ultimo ed il condilo occipitale: si definisce come via iuxta- sigmoidea / paracondiloidea.

 

Risultati della chirurgia per lo spasmo emifacciale

P.J.Jannetta riportava, nella sua primitiva serie di 229 casi di emispasmo facciale trattati con tecnica microdecompressiva circa l'80% di risoluzione dello spasmo dopo l'intervento, con il 5,2% dei pazienti richiedenti una seconda operazione per persistenza della sintomatologia. Il 5% dei pazienti presentava una qualche attività di spasmo dopo il risveglio,inferiore al 25% di quella preoperatoria. Il 2,2% non aveva risentito dell'intervento.

Varie esperienze di molteplici Autori in tempi più recenti riportano un'altissima percentuale di successo immediato e stabile ad un follow-up oltre i 6 anni. I pazienti che presentano al risveglio ancora attività di spasmo, guariscono nel giro di alcune settimane o qualche mese, gradualmente. Secondo Samii et al., in un recente articolo del 2002, solo dopo 6 mesi si ottiene la percentuale più alta di pazienti completamente liberi da spasmo, il 92,3 %. In questa sua statistica il 7,7 % continua a manifestare attività limitata di spasmo residuo.Vi possono essere delle recidive,anche dopo 5 anni, di cui daremo una personale interpretazione. Complessivamente, Samii considera definitivo il trattamento di questa forma, con risoluzione dello spasmo immediata o dilazionata in oltre il 90% dei casi trattati. Una frazione percentuale minimale richiede un reintervento per la persistenza di spasmo a livelli preoperatori o per spasmo ancora più evidente di quello che aveva condotto al primo intervento. Anche Moller riportava nel 1998 circa il 90% di risoluzione dello spasmo con l'intervento microdecompressivo.

Altri autori, più recentemente, riportano risultati definitivi nel 98% dei pazienti, la maggior parte dei quali ottiene questo traguardo nell'immediatezza del postoperatorio.

In realtà le tecniche di microdecompressione descritte in letteratura ricalcano da vicino quella applicata da Jannetta agli inizi degli anni '70,vale a dire la microdecompressione vaso-nervo ottenuta con la tecnica della interposizione di protesi di teflon o altro materiale tra le due strutture. Cio' puo,' in singoli casi, portare a granulomi da 

 

 

La REZ non deve nemmeno, se possibile, essere toccata, per non apportare ulteriore possibile danno a questo già compromesso tratto di nervo facciale.

'Arteria via dal nervo' è lo scopo della decompressione, non quello di posizionare, naturalmente quando possibile tra le due strutture alcun tipo di materiale protesico, a contatto sia col vaso che con la radice emergente del nervo. Nei casi in cui vi sia un grosso vaso, ad es. l'arteria vertebrale, indovata a ridosso della REZ del facciale, la tecnica attuale consiste nell'allontanare il vaso con una fettuccia di gomma o goretex, esercitando un vera e propria trasposizione del vaso via dal nervo. Se, applicando la tecnica descritta nei minimi dettagli e col rispetto assoluto delle fibre del nervo facciale, lo spasmo non scompare subito dopo l'intervento, ciò non deve incutere alcun timore o dubbio di avere mal eseguito la decompressione. La guarigione dallo spasmo avverrà nel corso anche di parecchie settimane o addirittura alcuni mesi, giungendo alla scomparsa definitiva dell'attività di spasmo i modo naturale e progressivo e persistente. Niente reinterventi precoci, solo una paziente attesa aspettando ciò che costiuirà il risultato più stabile e duraturo della decompressione vascolare semplice. In questi casi a 'risoluzione dilazionata', una volta rimossa la spina irritativa, puo' essere che il nucleo sia esso stesso talmente irritato da emettere ancora impusi patologici, causa di attività di spasmo,che andrà riducendosi col ritorno alla normalità funzionale del motoneurone nucleare.

 

Le complicanze

Le più comuni complicanze sono a carico del nervo uditivo,con calo parcellare e, rarissimamente, perdita uditiva unilaterale e a carico del nervo facciale con paresi funzionale. La via E.L.I.S.A. come da noi descritta porta gia' ad evitare al massimo ogni ingerenza sulla struttura del nervo acustico, sulle arterie uditive interne sfruttandosi il 'triangolo di accesso alla REZ' non essendosi e quindi proteggendo al massimo l'udito postoperatorio.La tecnica inoltre della decompressione vascolare semplice, che prevede di non interferire con la REZ del nervo, evitando di manipolarla, pure riduce pressoche' a zero l'incidenza delle paresi post-operatorie, comunque transitorie nella quasi totalità dei casi. Con l'applicazione delle nuances microchirurgiche illustrate, il successo dell'operazione e l'applicazione della via E.L.I.S.A. nel trattamento dello spasmo emifacciale deve tendere al successo terapeutico, immediato o dilazionato, nel 100% dei casi.

 

Chiarimenti ed Informazioni per i Pazienti

Topics:

Indicazione precoce all’intervento: l’urgenza microchirurgica per un risultato ottimale e definitivo.

Diagnosi:osservazione clinica e risonanza magnetica nucleare PRECOCI.

Microtecnologia chirurgica: La novità ‘funzionale’: il nervo non viene manipolato, né disturbato utilizzando la ‘decompressione vascolare semplice’.

La risoluzione dello spasmo si ottiene solo con un microintervento diretto sul nervo.

Non sono curative le tecniche di iniezioni di tossina botulinica nei muscoli della faccia: 

questo tipo di approccio non risolve il problema alla base dell’emispasmo.

Perché non aspettare

Il ruolo del NUCLEO facciale 

I reperti a carico del nervo facciale e del vaso ‘disturbante’; nuove acquisizioni sui rapporti vaso-nervo (la compressione ‘lungo il decorso del nervo o ‘along the nerve compression’)

 

Considerazioni

L’emispasmo facciale, o spasmo emifacciale, consiste in contrazioni involontarie, scosse improvvise della muscolatura dell’emifaccia, in genere ad inizio dai muscoli che circondano l’occhio e in seguito coinvolgente tutta la metà del volto, sino ad interessare il muscolo platisma nel collo.

Una dettagliata spiegazione scientifica di questo sintomo, che diventa sempre invalidante col passare del tempo, è presentata in www.otoneurochirurgia.info

 

 

L’esperienza degli anni mi ha condotto ad osservare una ampia serie di questi pazienti, nonché le innumerevoli diagnosi, cure e approcci terapeutici cui sono stati sottoposti. Solo una percentuale minima di pazienti mi ha consultato per emispasmo facciale, MAI con la diagnosi eziologia, cioè causale, corretta. Molti di essi si erano rassegnati a tenersi il disturbo, tralasciando il lavoro e le attività sociali cui erano più dediti, perché letteralmente invalidati dalle continue contrazioni, oppure, talora, da uno stato di prolungata ed invincibile contrazione dell’emifaccia (status ‘tonico’).

Questi pazienti, per la pressoché totale ignoranza della causa del sintomo,sono stati sottoposti ad agopuntura, massaggi vari, laserterapie, cure ‘oculistiche, terpie omeopatiche ed alla somministrazione iniettiva di tossina botulinica.

Quest’ultima è costituita da un farmaco che blocca la giunzione sinaptica tra fibre del nervo facciale e le fibre muscolari, per un certo tempo limitato, provocando la cessazione dello spasmo, ma, talora, verificandosi una paralisi muscolare. La somministrazione del farmaco deve essere normalmente ripetuta numerose volte, mediante microiniezioni nei muscoli del volto colpiti dall’attività spastica,il suo dosaggio variato, per ottenere comunque un risultato sempre temporaneo. Per lo più l’effetto delle iniezioni di tossina svanisce man mano che passa il tempo, rendendo questo trattamento del tutto inefficacie.

 

La causa dell’Emispasmo facciale

A provocare l’emispasmo facciale o spasmo emifacciale è sempre un’arteria (comunque una struttura vascolare) che, anziché lambire il nervo nel suo decorso dentro il cranio, entra in conflitto con lo stesso, cioè si pone in una situazione di compressione pulsante contro il nervo, o alla sua emergenza dal tronco o più lontano da essa o decorrendo,tenacemente adeso, lungo il decorso del nervo nell’angolo ponto-cerebaellare (così detta ‘compressione lungo il nervo’ o ‘along the nerve compression’ sec.A.Gandolfi).

Rari casi di spasmo facciale sono provocati da compressione del nervo nel condotto uditivo interno da parte di vasi sospinti contro le fibre facciali da neurinomi dell’acustico o da meningiomi, aventi essi stessi effetto compressivo su vasi che, trascinati dalla crescita tumorale,si pongono direttamente a stretto contatto col nervo, in una situazione di ‘compressione vascolare indotta’.

Tuttavia,come prima accennato,nella quasi totalità dei casi,l’indagine di risonanza magnetica precoce, ad alta definizione e con acquisizioni 3D, nonché la valutazione della Angio RMN dei vasi della fossa cranica posteriore del lato colpito dall’emispasmo, mostra la presenza del vaso a contatto col nervo, generalmente l’arteria cerebellare posteriore inferiore o l’arteria vertebrale.Questi vasi sono abnormemente allungati e tortuosi e si inseriscono in un quadro di malformazione di decorso e di morfologia delle strutture arteriose e/o venose della fossa posteriore. Il ‘conflitto’ vaso-nervo si verifica normalmente tra una struttura di natura arteriosa ed il nervo.

 

Terapia

Nella convinzione dell’efficacia della microneurochirurgia e soprattutto del fatto che, per rimuovere qualsiasi sintomo, sia necessario agire sulla causa diretta del sintomo stesso, senza ricorrere a tentativi collaterali che comunque non rimuovono il primum movens del problema, ma lo rimandano nel tempo inducendo un progressivo peggioramento dello stesso, la proposta che segue appare razionale e decisiva: riconosciuto clinicamente un emispasmo facciale e visualizzato il vaso in RMN, si deve ricorrere alla microchirurgia, al fine di ‘rimuovere’ il vaso VIA dal nervo, rendendolo libero e non più sottoposto alle migliaia di pulsazioni dell’arteria che lo comprime (o della vena che lo deforma nel suo decorso e che lo assottiglia), mediante un intervento di ‘decompressione vascolare semplice’,di allontanamento definitivo del vaso dal contatto col nervo, sì che il contatto stesso venga eliminato stabilmente. Il nervo, se possibile, non viene nemmeno manipolato dagli strumenti microchirurgici, ma solo il vaso viene separato dal suo contatto neurale, allontanato e stabilmente incollato con Tissucol alla dura madre, nonchè ricoperto di soffici maglie di teflon in posizione lontana dal nervo. Ciò risolve stabilmente un contatto abnorme ed una situazione conflittuale che, UNICA, portava alla irritazione del nervo stesso,del suo nucleo nel tronco encefalico, provocando la situazione clinica di ‘spasmo’.

 

Come si pratica l’intervento

I progressi della microchirurgia consentono di praticare una apertura di 1 cm e mezzo a livello della porzione inferiore della mastoide (la struttura ossea che si palpa dietro l’orecchio e che termina con una ‘punta’) e l’adiacente osso occipitale. L’incisione della cute e dei tessuti molli (sottocute,fascia e strato muscolare) viene eseguita subito dietro l’orecchio, in posizione assai laterale, con minimo taglio dei capelli. L’osso mastoideo- occipitale viene rimosso con una fresa diamantata, con raccolta in apposito contenitore della ‘polvere d’osso’ prodotta dalla fresatura. Questa viene riposizionata, alla fine dell’intervento,a ricolmare la breccia della craniotomia (cioè della apertura ossea).Ciò condurrà,nel volgere di alcuni mesi,alla completa ricostituzione del piano osseo.

Aperta la dura madre NON è necessario spatolare o spostare il cervelletto, perché l’aspirazione del liquor,crea un ampio spazio adeguato a visualizzare vasi e nervo facciale.

Con questa via, è possibile non toccare e/o spostare il nervo uditivo per visualizzare il nervo facciale, evitando il più possibile deficit uditivi post-operatori. Si risale al nervo facciale più medialmente rispetto al decorso del nervo uditivo, dopo aver riconosciuto il plesso coroideo ed il nervo glossofaringeo: poco sopra,questione di millimetri, appare subito l’emergenza (Root Exit Zone o R.E.Z). del nervo facciale dal tronco encefalico.

Le manovre decompressive devono staccare il vaso dal nervo, con cautela e maestria microchirurgica, senza ‘traumatizzare’ il nervo; devono fissare il vaso,come prima specificato,VIA dal nervo, in modo stabile, duraturo ed in una configurazione di decompressione del nervo stesso, che rientra così a contatto col liquor, libero da ogni compressione pulsante. Si tratta quindi di una decompressione del vaso via dal nervo, che non pregiudica l’integrità anatomica ed il funzionamento del nervo stesso, in quella che l’autore definisce una decompressione vascolare ‘semplice’.

L’atto chirurgico è condotto con il costante ausilio del microscopio operatorio, che consente di mantenere un campo chirurgico assai limitato. Da questo punto inizia l’esplorazione del campo,che porterà all’isolamento -VIA dal nervo- della struttura o delle strutture vascolari (che possono essere multiple) in contatto patologico col nervo stesso.

I vasi vengono allontanati e incollati con Tissucol alla dura madre più vicina. Ciò consente di avere un campo ancora più libero e di esplorare se altri vasi creano situazioni conflittuali, liberando dal nervo tutte le briglie aracnoidee. Falde di teflon morbido,assai sottili e delicate, vengono adagiate sulla struttura vascolare,senza entrare in contatto col nervo.Tra il teflon e il vaso (o i vasi), alcune gocce di colla di fibrina permetteranno di creare una sottile e solida lamina di teflon a protezione del decorso del vaso, alla fine definitivamente allontanato dal nervo. La via di accesso permette di escludere, praticamente nella totalità dei casi, la manipolazione del nervo acustico, che, potrebbe causare microtraumatismi a gruppi di fibre uditive. Nella mia personale esperienza non ho mai incontrato paresi/paralisi del nervo facciale o perdite uditive irreversibili, nel decorso post-operatorio.

 

Risultati della decompressione vascolare semplice del nervo facciale

Se il distacco del vaso dal nervo facciale è difficoltoso, vi possono essere paresi del facciale,che tuttavia si risolvono spontaneamente in alcune settimane dopo l’intervento.

Quando lo spasmo non è scomparso al risveglio dalla decompressione, esso può impiegare alcuni mesi prima di risolversi definitivamente (30 % dei casi operati). Questo fenomeno di ‘lisi’, cioè risoluzione progressiva dell’attività di spasmo, come già accennato, è dovuto all’abitudine (‘Kindling’) del nucleo del facciale (che trovasi nel tronco) allo stato di spasmo ed al fatto di avere per tanto tempo ricevuto stimoli abnormi dall’area della compressione vascolo-nervosa. In altre parole, anche se lo spasmo perdura per qualche tempo, ciò non significa che l’intervento non sia stato condotto ad arte. La plasticità dei neuroni e delle sinapsi del nucleo facciale faranno sì che anche all’interno del nucleo stesso,la microanatomia e la funzione alterata delle cellule motorie si ristabiliscano pienamente alla normalità.

 

Considerazioni conclusive

Non esiste altra soluzione per risolvere l’emispasmo facciale ,se non quella microchirurgica come descritta.

L’intervento viene eseguito in anestesia generale da esperti neuro-anestesisti e dura non più di 2 ore e mezzo.

I risultati sulla risoluzione dello spasmo sono definitivi per lassi di tempo indefiniti e stabili, tranne assai rari casi di spasmo parzialmente persistente (in genere quando il sintomo dura da oltre 10-15 anni prima dell’effettuazione della decompressione vascolare semplice). Ciò perché la decompressione microvascolare semplice agisce sulla CAUSA del problema, sul ‘primum movens’ , vale a dire l’arteria che pulsa a stretto contatto con le fibre nervose e ne induce la demielinizzazione, nonché la conseguente partecipazione del nucleo facciale a questo stato irritazione delle fibre.

Tutti gli altri metodi, compreso l’uso della tossina botulinica, non agiscono sulla causa, ma solo sul sintomo e sono pertanto trattamenti sintomatici e non causali, quindi ‘falsi’ provvedimenti curativi, che mai riusciranno a spostare il vaso in situazione di conflitto col nervo.

I risultati in follow up a distanza raggiungono il 95 – 98% di successo. La terapia dell’emispasmo facciale è quindi la decompressione vascolare semplice, cioè, lo ripetiamo, lo stabile distacco, allontanamento e riposizionamento di un’arteria che ‘urta’ ad ogni pulsazione contro il nervo.

Chi crede di risolvere il problema dell’emispasmo con metodi alternativi, sbaglia, perde tempo e rischia la paralisi spontanea della faccia per esaurimento del nervo stesso o per gli effetti della tossina botulinica.

Stento sempre più a credere, col il progredire della esperienza microchirurgica, che vi siano pazienti che si lascino convincere a trattamenti direi quasi ‘esoterici’ per questo disturbo, che è solo un sintomo; mi spaventa sempre più l’ignoranza diffusa sulle cause dell’emispasmo facciale, che, da ultimo, porta a terapie non appropriate o inutili, inducendo i pazienti a non farsi operare per chissà quali ‘orribili’ conseguenze della microchirurgia.

Penso ancora che il non voler consigliare l’ intervento diretto sul nervo per i supposti pericoli che esso comporta ( alcune –ma numerose- voci ne enumerano anche di curiosi), non debba avere scusanti.

La reale spiegazione della causa del sintomo è un diritto del paziente e deve essere data; deve anche essere proposto l’unico trattamento che pone riparo a questo ‘inquietante’ ed ‘invalidante’ disturbo. In assenza di esperienza specifica è obbligatorio inviare il paziente a microneurochirurghi esperti di patologie dei Nervi Cranici, affinché si possano acquisire chiare spiegazioni e proposte terapeutiche serie, basate su metodiche moderne ed efficaci.

E’ necessario ricordare che ,come per tutte le patologie e/o sintomi invalidanti, ad una diagnosi precoce deve far seguito una terapia altrettanto precoce e mirata.

Ciò al fine di un risultato che non ammette dubbi.